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Come funziona il telegrafo

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Quella alla base del telegrafo è una tecnologia affascinante che ha letteralmente rivoluzionato il mondo delle comunicazioni a distanza. Si tratta ovviamente di un mezzo desueto, ampiamente soppiantato dal telefono e dalle comunicazioni via Internet, ma che – per certi aspetti – potrebbe essere ancora utile indagare.

Comprendere come funziona il telegrafo, in effetti, potrebbe aiutare ad apprezzare meglio il progresso tecnologico e il modo in cui le innovazioni del passato hanno contributo a plasmare il mondo moderno. Non solo: potrebbe offrire spunti interessanti riguardo alla resilienza e adattabilità delle tecnologie nel corso del tempo, essendo la sua storia una “parabola esemplare”, in questo senso.

Il telegrafo, infatti, si è evoluto in diverse maniere, prima di essere messo in pensione. In sintesi, la storia ha conosciuto un telegrafo ottico e un telegrafo elettrico, con e senza fili. A ognuna delle tipologie ho dedicato un capitolo a parte, su cui ti invito a soffermarti nel caso te ne interessasse una in particolare. La materia è molto ampia, certo, ma proverò a spiegarti tutto in termini semplici… non proprio telegraficamente, ma quasi. Allora, ci stai? Ricevuto? Se sì, non mi resta che augurarti buona lettura (o buona decodifica)!

Indice

Come funziona il telegrafo senza fili

Telegrafo e telefono

Quello del telegrafo senza fili è in realtà uno degli ultimi stadi della telegrafia. Dopo il telegrafo ottico e il telegrafo elettrico con cavi (di cui parleremo approfonditamente nei capitoli successivi), venne infatti sviluppato il radiotelegrafo, diverso solo quanto al mezzo di trasmissione (non più i cavi, appunto, ma l'etere).

Per farti un'idea sul funzionamento del telegrafo elettrico in generale, leggi subito il capitolo dedicato. Sì, perché la comunicazione avviene seguendo la stessa dinamica, salvo il fatto che il segnale elettrico – generato premendo l'interruttore – viene trasmesso attraverso un'antenna. L'antenna, a sua volta, trasmette le onde elettromagnetiche nel vuoto, fino a che un'altra antenna non le capta e le riceve, riconvertendole in segnali elettrici. I segnali elettrici, poi, vengono sottoposti a decodifica, in modo che il messaggio sia comprensibile (vd. a questo proposito il paragrafo sul codice Morse).

Il telegrafo senza fili ha uno stretto legame con la radio, e in effetti la nascita di questi due media è più o meno contestuale. Fu nel 1896 che Guglielmo Marconi depositò il brevetto del primo sistema di telegrafia senza fili, per poi riuscire, tra il 1901 e il 1902, a effettuare la prima trasmissione transoceanica (ad ogni modo ci furono altri inventori che contribuirono allo sviluppo della radio, come Nikola Tesla e Heinrich Hertz, i cui lavori furono fondamentali per la comprensione delle onde elettromagnetiche).

Tanto il radiotelegrafo quanto la radio moderna sfruttano/sfruttavano le onde elettromagnetiche per trasmettere segnali a lunga distanza, quindi anche la tecnica di modulazione delle onde è comune a entrambi.

La modulazione, per inciso, è quel processo che consiste nel variare uno o più aspetti di un'onda radio per incorporare le informazioni desiderate (voce, musica…). Quali sono questi aspetti? Beh, tecnicamente si chiamano “ampiezza”, “frequenza” e “fase”, da cui le sigle classiche “AM” (Amplitude Modulation) e “FM” (Frequency Modulation). Ognuna varia in base alla qualità dell'informazione da trasmettere: per esempio, un maggiore o minore volume può essere rappresentato da una maggiore o minore ampiezza dell'onda, mentre una tonalità più o meno alta modificherà la frequenza.

La radio ha evoluto il concetto di trasmissione delle onde elettromagnetiche per includere anche la modulazione di ampiezza (AM) e di frequenza (FM) per trasmettere voce e musica, mentre il radiotelegrafo era più limitato nella trasmissione di semplici segnali codificati come il codice Morse.

La modulazione è possibile attraverso appositi dispositivi e circuiti integrati all'interno di trasmettitori e ricevitori, radiotelegrafici e radiofonici.

Parlando sempre di onde elettromagnetiche, è vero che il telegrafo senza fili aveva una maggiore portata (rispetto evidentemente al telegrafo con cavi), ma era soggetto alle interferenze e alle condizioni atmosferiche. Inoltre, la capacità di trasmissione era limitata dalla potenza del trasmettitore.

Queste criticità, proprie delle trasmissioni analogiche tanto da essere ereditate da radio e TV, sono state risolte soltanto di recente, con la graduale transizione verso le trasmissioni digitali.

Come funziona il telegrafo ottico

Stazione telegrafica

Il telegrafo ottico rappresenta il primo sistema telegrafico in ordine di invenzione. A metterlo a punto furono infatti i fratelli Chappe, nella Francia del XVIII secolo (a cavallo con il XIX), sebbene già prima ci fossero stati dei tentativi in questo senso (i sistemi di telegrafia ottica erano già in uso in diverse forme, inclusi i sistemi rudimentali usati dagli antichi greci e romani con segnali di fuoco e fumo).

Il sistema è detto “ottico” non a caso: le comunicazioni si basavano sull'impiego di segnali visibili, non già segnali elettrici o onde radio.

Parti fondamentali del processo erano le torri o “stazioni” con in cima dei bracci mobili. Tali bracci potevano assumere 196 posizioni e quindi significati diversi, tra cui – in primis – quelli corrispondenti alle lettere dell'alfabeto e ai numeri dall'1 al 9.

Perché 196 posizioni? Beh, perché i bracci erano due, più una barra trasversale, il tutto disposto in modo da formare una specie di “z” orizzontale (immaginala più o meno così). Ciascuno dei due bracci – le zampette della “z” – poteva assumere sette posizioni, mentre la barra che li collegava poteva assumerne quattro: 7 ⨯ 7 ⨯ 4 = 196.

La trasmissione poteva coprire anche grandi distanze, a seconda dell'estensione della “linea” telegrafica. Una “linea” comprendeva più stazioni poste a 10-15 km l'una dall'altra; non di più, in modo da garantire una buona visibilità. Ogni stazione/torre ospitava un operatore incaricato di posizionare i bracci mobili in modo da replicare la configurazione dei bracci della torre di partenza, fino al “confine ultimo” – quindi all'ultima torre – del “territorio telegrafico”.

Perché la comunicazione avesse successo, era indispensabile il verificarsi di almeno queste due condizioni.

  • Buona visibilità (già citata sopra). Trattandosi di un sistema ottico, era necessario che le torri non fossero troppo lontane l'una dall'altra e che le condizioni meteorologiche fossero tali da non nascondere almeno i bracci mobili. Vien da sé, inoltre, che le trasmissioni telegrafiche potessero avvenire solo di giorno.
  • Presenza di un operatore opportunamente addestrato in ognuna delle stazioni coinvolte.

Con la diffusione dell'elettricità e quindi del telegrafo elettrico, i telegrafi di Chappe furono gradualmente posti fuori servizio, fino alla dismissione dell'ultima linea in Svezia nel 1880.

C'è da dire però che, in alcuni ambiti specifici, la telegrafia ottica fu dura a morire. È il caso del settore ferroviario, con i segnali gestiti manualmente per regolare il traffico dei treni e, in generale, comunicare informazioni tra le stazioni. I segnali potevano essere inviati coi mezzi più diversi (anche torce o lanterne), rimanendo identico il principio alla base.

Come funziona il telegrafo di Morse

Codice Morse

Il telegrafo di Morse è forse il telegrafo per antonomasia. Quando si pensa a questo antico strumento di comunicazione, è facile che venga in mente quell'apparecchio composto da un ricevitore e – soprattutto – dal caratteristico interruttore (o manipolatore). Il pulsante era collegato a una batteria, da una parte, e dall'altra alla linea telegrafica. Premendolo, il circuito veniva chiuso e la corrente passava attraverso la linea telegrafica fino alla stazione ricevente.

Cruciale, ai fini della composizione del messaggio, il tipo di pressione applicata sul tasto. Se breve, il segnale elettrico risultava breve (un punto); se lungo, il segnale elettrico risultava lungo (una linea).

Da questa descrizione, avrai capito che il telegrafo Morse fu uno dei primi sistemi di telegrafia elettrica, con la peculiarità di impiegare il codice Morse come “linguaggio” delle trasmissioni. In effetti, il telegrafo “di Morse” fu sviluppato intorno al 1840 dagli statunitensi Samuel Morse e Alfred Vail insieme, ed entrambi curarono non soltanto l'invenzione del codice, ma anche la costruzione materiale dei cablaggi telegrafici.

All'epoca si trattò di una vera e propria rivoluzione, perché per la prima volta la trasmissione delle comunicazioni veniva delegata a un sistema elettrico. Per certi aspetti, però, i cavi rappresentavano anche un limite, motivo per cui il telegrafo senza fili rappresenta la vera svolta, dal punto di vista storiografico.

A questo punto, vale la pena spendere due parole sul codice Morse. Se non hai familiarità con esso, devi sapere che determinate combinazioni di punti e linee corrispondono a specifiche lettere, numeri e simboli. Ad esempio, la lettera A corrisponde a un punto e una linea (.-), la lettera B a una linea e tre punti (-…), la lettera C a una linea, un punto, una linea e un punto (-.-.).

Un tipico messaggio trasmesso in Morse con un telegrafo potrebbe essere quello di SOS. Giacché la S è rappresentata da tre punti (…) e la O da tre linee (—), S.O.S. si “dirà”: …—….

Telegrafo alla mano, basterà premere l'interruttore tre volte brevemente, tre volte in modo prolungato e poi di nuovo brevemente, sempre per tre volte.

Ecco dunque come funziona il telegrafo Morse. Facile, no?

Come funziona il telegrafo elettrico

Elettricità

Il telegrafo Morse non è altro che un sistema di comunicazione telegrafica che sfrutta il codice Morse per l'invio e la decodifica di messaggi. Sto parlando di un sistema basato sull'elettricità, e in particolare su un circuito elettrico composto da tre elementi: batteria (come fonte di alimentazione), interruttore e cavo conduttore.

Come abbiamo visto prima, premendo l'interruttore il circuito viene chiuso e alla corrente viene permesso di fluire attraverso il cavo, fino a che un altro ricevitore, a distanza, non rileva la variazione [nel flusso di corrente] e la traduce in segnale.

In un secondo momento, il segnale viene interpretato avvalendosi di un sistema di codifica prestabilito: codice Morse, ma anche codice Baudot (sviluppato per il teletipo), codice Gray, codice ASCII (in tempi recenti)… Per il resto, si applica la descrizione fatta nel capitolo precedente.

Salvatore Aranzulla

Autore

Salvatore Aranzulla

Salvatore Aranzulla è il blogger e divulgatore informatico più letto in Italia. Noto per aver scoperto delle vulnerabilità nei siti di Google e Microsoft. Collabora con riviste di informatica e cura la rubrica tecnologica del quotidiano Il Messaggero. È il fondatore di Aranzulla.it, uno dei trenta siti più visitati d'Italia, nel quale risponde con semplicità a migliaia di dubbi di tipo informatico. Ha pubblicato per Mondadori e Mondadori Informatica.