Come trasformare un hard disk interno in esterno senza box
Dopo anni di onorato servizio, il tuo computer desktop ha deciso di abbandonarti per sempre. A seguito di un'analisi tecnica, è risultato che il problema non riguarda la memoria, ma altri componenti interni, la cui riparazione risulterebbe particolarmente costosa: a parere dell'esperto, ti converrebbe acquistare un nuovo computer, e ridare nuova vita all'hard disk installato nel vecchio PC con l'ausilio di un box. Tuttavia, prima di seguire i suoi consigli, vorresti sapere se esistono altre soluzioni per utilizzare il tuo vecchio disco, evitando magari l'acquisto di un voluminoso e ingombrante box.
Ebbene, se le cose stanno in questo modo, sappi che ti trovi proprio nel posto giusto da cui iniziare! Con la guida di oggi, infatti, ti spiegherò come trasformare un hard disk interno in esterno senza box, elencandoti alcune opzioni alternative, parimenti valide.
Se sei d'accordo, non perdiamo altro tempo in chiacchiere e passiamo subito all'azione. Mettiti bello comodo, prenditi cinque minuti di tempo libero e leggi con attenzione i prossimi paragrafi. Individua la soluzione che ritieni più adatta alle tue esigenze, segui le indicazioni che sto per darti e sono sicuro che il tuo vecchio disco potrò tornarti utile come hard disk esterno per archiviare e conservare tutti i file che desideri. Buona lettura!
Indice
Operazioni preliminari
Come scoprirai nel corso di questa guida, è possibile trasformare un hard disk (o una unità SSD) interno in un drive USB esterno anche senza acquistare alcun box, con l'ausilio di alcuni cavi o adattatori compatibili. Per riuscire correttamente nell'impresa, però, devi innanzitutto avere ben presente il tipo di disco in tuo possesso, e il bus di comunicazione a bordo sullo stesso.
Nel momento in cui scrivo, i dischi e le memorie di archiviazione si suddividono in due grandi famiglie: dischi meccanici, che funzionano con l'ausilio di una testina che, muovendosi, è in grado di leggere e scrivere le informazioni; e memorie flash o a stato solido, meglio note come SSD, che funzionano invece grazie agli impulsi elettrici.
Generalmente, gli hard disk meccanici sono disponibili in due formati diversi: i dischi 3.5 pollici (3.5), solitamente installati nei computer desktop classici, hanno diagonale da tre pollici e mezzo, rivestimento metallico e peso abbastanza importante; i dischi da 2.5 pollici (2.5), invece, sono caratteristici di mini PC e laptop con disco meccanico, hanno diagonale da due pollici e mezzo e sono decisamente più leggeri rispetto ai dischi da 3.5".
Di conseguenza, se il disco in tua dotazione proviene da un computer fisso, è molto probabile che sia in formato 3.5“; se, invece, è stato estratto da un notebook o da un mini-case, probabilmente è un drive da 2.5”.
Altra caratteristica da tenere in considerazione è l'interfaccia dell'hard disk meccanico, che può essere SATA o IDE (quest'ultima denominata anche PATA, ATA o semplicemente parallela).
I dischi dotati di interfaccia parallela, o IDE, sono ormai fuori commercio da qualche decennio; tuttavia, in assenza di etichette o altre indicazioni, puoi capire se il disco in tua dotazione è d tipo SATA o IDE semplicemente guardando la porta di comunicazione posta sul retro.
Sui dischi IDE, puoi notare al suo interno una serie (circa 40) di connettori metallici sottili e separati, una piccola zona dedicata alla configurazione master/slave e altri quattro connettori metallici, ben più spessi, dedicati all'alimentazione.
La porta di comunicazione presente sui dischi SATA, invece, è composta da una serie di connettori piatti saldati su una piastra plastificata proveniente dal disco; la parte più piccola, composta da sette connettori, serve per l'alimentazione, mentre la parte più grande è adibita alla gestione del trasferimento dei dati.
La maggior parte degli hard disk in commercio attualmente hanno interfaccia SATA 3.0, come ti ho spiegato nella mia guida su quale hard disk interno comprare. Questo significa che se il tuo disco è di recente fabbricazione, quasi sicuramente ha interfaccia SATA.
Per averne la certezza, prendi l'hard disk in tuo possesso e verifica l'interfaccia riportata sull'etichetta applicata nella parte frontale dello stesso e che, solitamente, è indicata in prossimità della capacità del disco. Se non riesci a trovare l'etichetta o è stata rimossa, puoi capire l'interfaccia del tuo disco guardando i connettori presente su uno dei lati corti di quest'ultimo.
Se i connettori sono applicati direttamente sulla plastica collegata al circuito elettrico dell'hard disk, quello che hai in mano è un disco SATA. Se, invece, conti una quarantina di connettori visibili a occhio nudo, il tuo hard disk ha interfaccia IDE (o PATA).
Adesso, passiamo alle unità a stato solido, o SSD. Principalmente, ve ne sono di tre tipi, che vado a elencarti di seguito.
- SSD da 2.5": comunemente installate nei notebook e nei mini-case di qualche anno fa, queste unità disco sono molto simili a delle scatolette di plastica, estremamente leggere e dotate di connettore con interfaccia SATA.
- SSD mSATA: hanno l'aspetto di schede metalliche di ridotte dimensioni, sono dotate di connettore con interfaccia SATA di ridotte dimensioni (spesso affiancato a un adattatore) e sono caratteristiche di alcuni notebook ultracompatti non recentissimi.
- SSD M.2: hanno l’aspetto di schede rettangolari sottili, più o meno allungate in base alla capacità. Si distinguono principalmente per tipo di interfaccia e chiave del connettore. Le unità M.2 SATA utilizzano il protocollo SATA tradizionale e di solito hanno connettore con doppia intaccatura (B+M key). Le unità M.2 NVMe usano invece il bus PCIe e adottano quasi sempre una singola intaccatura (M key), anche se esistono modelli compatibili con connettori B+M. La differenza fondamentale non è tanto nella posizione del taglio, ma nel fatto che gli SSD M.2 SATA e NVMe non sono intercambiabili, pur avendo un aspetto simile.
Individuare il formato di hard disk o unità SSD in proprio possesso è molto importante, in quanto la scelta di un cavo/adattatore anziché un altro dipende quasi sempre da tale fattore. Quanto a velocità di trasferimento, volendo organizzare l'elenco delle tecnologie menzionate in ordine crescente, la lista sarebbe del tipo IDE – SATA I – SATA II – SATA III / mSATA – M.2 SATA – M.2 NVMe.
Tuttavia, si tratta di un fattore di importanza molto relativa, in quanto la velocità di lettura/scrittura dei dati viene “ridotta” a quella ottenibile dalle porte USB.
Nota: i bus/connettori SATA I, SATA II e SATA III sono esteticamente identici. Pertanto, a partire da questo momento, mi riferirò in maniera generica ai dischi di tipo SATA.
Come trasformare un hard disk interno in esterno senza box
Fatte le dovute precisazioni del caso, è giunto il momento di passare all'azione e di indicarti come rendere un hard disk interno esterno evitando, per quanto possibile, l'uso dei box.
Cavi e adattatori USB
Senza ombra di dubbio, il metodo più semplice per collegare un hard disk interno al computer, se dotato di porta SATA (I, II o III non fa differenza), consiste nell'usare un cavo o un adattatore SATA-USB dotato di entrambe le estremità.
Prima di effettuare l'acquisto, dovresti analizzare la specifica situazione in cui ti trovi: per esempio, se il disco da alimentare è di tipo meccanico, la corrente erogata dalla porta USB potrebbe non essere sufficiente a garantire il corretto funzionamento del disco, anche se si tratta di un connettore USB 3.x di tipo A, o USB-C. A tal proposito, dovresti acquistare un cavo SATA-USB dotato di alimentatore aggiuntivo, da collegare a una presa di corrente.
Ancora, presta attenzione al formato di porta USB presente sul computer (USB-A oppure USB-C), così da essere sicuro di scegliere un cavo compatibile con la stessa. In realtà, alcuni cavi SATA-USB sono muniti di estremità USB in entrambi i formati, il che va ad azzerare eventuali problemi di compatibilità che potrebbero verificarsi.

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Una volta ottenuto il cavo o l'adattatore, collegare il disco al computer è poco più di un gioco da ragazzi: ti basta connettere l'estremità SATA del cavo/adattatore all'apposita porta situata sul retro del disco, avendo cura di rispettarne il verso d'inserimento, per poi connettere l'estremità USB del cavo/adattatore a una delle porte USB libere sul computer.
Successivamente, collega il componente di alimentazione all'adattatore e a una presa (se necessario) e pazienta alcuni secondi, affinché il disco riceva la corrente adeguata e sia in grado di avviarsi: quando ciò avviene, il computer dovrebbe riconoscere il drive esterno come disco USB, e gestirlo al pari di quest'ultimo.
Durante il lavoro, se stai operando su un disco meccanico, abbi cura di posizionare quest'ultimo su di una superficie non sensibile al calore ed evita di toccarlo, in quanto potrebbe scaldarsi; inoltre, assicurati che il cavo/adattatore sia correttamente connesso al computer e al disco, onde evitare perdite di alimentazione improvvise e potenziali danni ai dati archiviati.
Adattatori M.2
Se il disco da collegare è di tipo M.2, puoi trasformarlo in un drive esterno avvalendoti di un apposito adattatore, munito di bus PCI-e. Dispositivi di questo tipo hanno dimensioni decisamente più ridotte rispetto a quelle dei classici box, si collegano al computer tramite USB e difficilmente necessitano di alimentazione aggiuntiva.
Anche in questo caso, devi prestare bene attenzione alla tipologia di disco in tuo possesso, e acquistare l'adattatore più adatto al tuo caso: se possiedi un disco M.2 con interfaccia NVMe, devi acquistare un adattatore dotato di bus NVMe (M Key NVME o B+M Key NVME).

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Se, invece, il tuo è un disco M.2 con interfaccia SATA, caso più raro ma non impossibile, devi dotarti di un adattatore munito di bus SATA.

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Usare gli adattatori M.2-USB è semplicissimo: per iniziare, rimuovi la parte protettiva dell'adattat ore sfilandola dal suo alloggiamento, oppure sollevandola, e inserisci il connettore NVMe/SATA nell'apposito bus presente all'interno dell'adattatore, avendo cura di rispettare il verso d'inserimento.
Fatto ciò, richiudi l'adattatore, collega a quest'ultimo la prima estremità del cavo USB ricevuto in dotazione, e inserisci la seconda in una porta libera sul computer: dopo qualche secondo, il disco dovrebbe accendersi ed essere riconosciuto dal sistema operativo, esattamente come se si trattasse di un drive USB esterno.
Docking Station
Ancora, se non sei interessato ai box perché hai l'esigenza di collegare più dischi interni al computer, contemporaneamente, potresti valutare l'acquisto di una docking station. Nella fattispecie, si tratta di dispositivi dotati di molteplici ingressi, anche per dischi con tecnologie di connessione differenti (ad es. SATA e SATA M.2, SATA e NVMe, SATA e IDE, e così via).
Le docking station sono decisamente più costose rispetto alle soluzioni viste finora e necessitano quasi sempre di alimentazione esterna; tuttavia, rappresentano la soluzione ideale per chi dispone di molteplici dischi da adibire a memorie esterne, oppure per chi ha bisogno di effettuare operazioni di clonazione o di scambio dati tra più drive.
Se intendi adottare una soluzione di questo tipo, esamina attentamente i bus di collegamento disponibili sulla docking station, così come la dimensione degli alloggiamenti (2.5" o 3.5), e verifica che essi risultino compatibili con i dischi in tuo possesso; inoltre, la porta USB presente sulla base sia adatta al tipo di ingressi presenti sul computer (USB-A o USB-C).

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In realtà, esistono docking station anche dotate di un singolo bus di comunicazione, adatte a chi ha necessità di collegare più dischi della stessa tipologia, ma non in contemporanea.

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A prescindere dal tipo di docking station scelta, le modalità d'impiego sono quasi sempre le stesse: bisogna collegare l'accessorio alla rete elettrica, usando l'alimentatore ricevuto in dotazione, accenderlo e collegarlo poi al computer, tramite cavo USB. Ad accensione completata, basta inserire i dischi negli alloggiamenti appositi e attendere che il sistema operativo li riconosca.
Chiaramente, anche se i dischi sono collegati alla medesima docking station, ciascun drive ha una lettera o un percorso di unità assegnato, e viene gestito in maniera del tutto indipendente dagli altri.
Metodo “fai da te”
Oltre a cavi, adattatori e docking station, le possibilità di trasformare un disco interno in esterno senza avvalersi di un box sono piuttosto limitate. Tuttavia, se sei in possesso di un vecchio hard disk esterno non funzionante, puoi sempre armarti di pazienta, di un cacciavite e, con un po' di fortuna, recuperare i pezzi necessari per collegare il tuo hard disk interno al computer, così da potertene servire come disco esterno.
Dunque, dopo aver aperto l'hard disk esterno non funzionante, smonta cautamente il componente plastificato che presenta i vari chip, l'ingresso per il cavo USB e il bus di collegamento per il disco.
Fatto ciò, collega il disco interno al bus recuperato, inserisci un'estremità del cavo USB nell'ingresso USB del computer e l'altra estremità nel connettore presente sul componente smontato poc'anzi.
Se, invece, il componente in questione non è rimovibile ma è integrato nel box, puoi sempre “riciclare” l'intero box, a patto che sia delle stesse dimensioni del tuo hard disk interno: tentar non nuoce.
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Autore
Salvatore Aranzulla
Salvatore Aranzulla è il blogger e divulgatore informatico più letto in Italia. Noto per aver scoperto delle vulnerabilità nei siti di Google e Microsoft. Collabora con riviste di informatica e cura la rubrica tecnologica del quotidiano Il Messaggero. È il fondatore di Aranzulla.it, uno dei trenta siti più visitati d'Italia, nel quale risponde con semplicità a migliaia di dubbi di tipo informatico. Ha pubblicato per Mondadori e Mondadori Informatica.