Questo sito contribuisce alla audience di Il Messaggero
Scopri le migliori offerte sul canale Telegram ufficiale. Guarda su Telegram

Come rootare il telefono

di

Forse non ne sei a conoscenza, ma il sistema operativo che quotidianamente utilizzi sul tuo smartphone integra una sorta di sistema di sicurezza interno, atto a impedire agli agli utenti di effettuare modifiche ritenute, in qualche modo, pericolose e in grado di compromettere la stabilità della piattaforma. D’altra parte, esiste una pratica, identificata comunemente con il verbo “rootare”, che consente di bypassare i blocchi di sicurezza dei sistemi operativi, al fine di eseguire specifiche operazioni.

Tuttavia, se in questo momento stai leggendo questa guida, molto probabilmente è perché sei già a conoscenza della cosa ma non hai la più pallida idea di come rootare il telefono in tuo possesso: ebbene, se le cose stanno davvero così e se dunque ti interessa sapere come bisogna procedere per raggiungere il tuo obiettivo, sappi che puoi contare su di me.

Nelle battute successive di questo mio tutoria, sarà infatti mia cura informarti sui benefici e sui rischi che la procedura di root può comportare e indicarti quelli che sono i passaggi da compiere, per riuscire nell’impresa. Mi raccomando: leggi con attenzione tutto quanto ho da spiegarti sull’argomento e agisci soltanto se sei effettivamente convinto di ciò che stai per fare. Detto ciò, non posso fare altro se non augurarti buona lettura e farti un grosso in bocca al lupo per tutto!

Indice

Informazioni preliminari: cosa è il root

Informazioni preliminari: cosa è il root

Prima di entrare nel vivo di questa guida e di spiegarti come rootare il telefono, lascia che ti dia qualche indicazione in più circa la natura di questa operazione. Parlando di sistemi operativi, il root rappresenta l’utente che può eseguire, in maniera indisturbata, qualsiasi operazione sul dispositivo: l’utente root è caratteristico dei sistemi operativi basati su UNIX, come Linux, macOS e, ovviamente, Android.

In particolare, su quest’ultimo sistema operativo, i permessi da utente root sono disattivati per garantire la sicurezza e l’integrità dello smartphone, oppure del tablet; sbloccarli, consentirebbe all’utente e alle applicazioni di terze parti di agire senza alcun controllo su parti delicate del sistema operativo. All’atto pratico, avere i permessi di root significa sostanzialmente autenticarsi nel sistema con privilegi elevati, in modo tale da bypassare le restrizioni e poter modificare liberamente tutte quelle impostazioni che solitamente risultano inaccessibili.

Ciò comporta principalmente a due conseguenze: la prima è che si avrebbe la possibilità di personalizzare il telefono in maniera “profonda” e attivare alcune particolari opzioni, non accessibili altrimenti; la seconda, ben più grave, è che si potrebbe consentire a un’applicazione di agire su parti della memoria che contengono dati personali, informazioni di sicurezza o file fondamentali di Android, andando di conseguenza a esporre il dispositivo a malware, ransomware, minacce informatiche o addirittura fuga di dati personali.

Infine, la procedura di root su Android impone la formattazione completa del dispositivo e va eseguita in maniera impeccabile: è sufficiente un errore, anche di minima entità, per danneggiare in maniera irreversibile il telefono e costringerti, ahimè, a sostituirlo.

Su iPhone non esiste invece alcun utente root, tuttavia è possibile aggirare parzialmente le limitazioni imposte da Apple su iOS eseguendo un’altra procedura di sblocco, denominata jailbreak. Seppur meno incisivo rispetto al root, anche il jailbreak può rappresentare un serio pericolo: esso consente l’accesso a zone di memoria molto delicate del sistema operativo, lasciando libere applicazioni e tweak di agire, potenzialmente, senza alcun controllo di sicurezza. Inoltre, ritengo necessario sottolineare che sia la procedura di root che quella di jailbreak annullano in maniera pressoché istantanea la garanzia del dispositivo e che potrebbero alterare il funzionamento di quest’ultimo e delle app su di esso installate, anche in modo negativo.

Chiarito ciò, prima di fare qualsiasi cosa, valuta attentamente i rischi e i benefici connessi allo sblocco del telefono e decidi di conseguenza; laddove avessi comunque intenzione di procedere, se non hai molta esperienza in materia, abbi cura di farti assistere da una persona più ferrata sull’argomento, almeno la prima volta: eviterai di certo danni irreparabili!

Come rootare il telefono Android

Android

Fatte tutte le doverose precisazioni del caso, è arrivato il momento di spiegarti quali sono, in linea generale, i passaggi da compiere per rootare il telefono Android. Dico “in linea generale” per un motivo ben specifico: come certamente saprai, in commercio vi sono davvero tantissimi dispositivi animati dal robottino di Google, appartenenti a varie fasce di prezzo e distribuiti da un gran numero di protagonisti del settore. A seconda dell’età del dispositivo e dell’azienda che lo produce, è possibile imbattersi in tantissime versioni ed edizioni di Android, alcune delle quali dotate di personalizzazioni così radicate da condividere soltanto il “cuore” del sistema operativo, con la versione madre distribuita da Google.

Per questo motivo, la procedura di sblocco non è standardizzabile e può richiedere programmi, applicazioni e file diversi, in base all’esatto modello di device in proprio possesso e all’esatta versione di Android che si esegue: basta un piccolo errore, anche causato dall’impiego di un file anziché un altro, a causare la rottura — anche definitiva — dello smartphone oppure del tablet, rendendolo di fatto inutilizzabile.

Tuttavia, per semplificare l’arduo compito di comprendere quali possano essere gli strumenti e le procedure più adatte al tuo caso, lasci che ti indichi alcuni elementi “comuni” per la stragrande maggioranza delle procedure di root eseguibili con l’ausilio del computer.

Materiale occorrente

Come rootare il telefono Android

Per iniziare, dovresti procurarti Android Studio: si tratta dell’ambiente di sviluppo rilasciato da Google e finalizzato a semplificare lo sviluppo su Android, da parte degli interessati. Essao include, tra le altre cose, due software denominati ADB e Fastboot: il primo consente di “comandare” il sistema operativo direttamente dal Terminale/Prompt dei comandi di Windows oppure di macOS, mentre il secondo permette di eseguire alcune operazioni “delicate” sulla parte di memoria che si occupa dell’avvio di Android.

Android Studio è disponibile per tutte le maggiori piattaforme desktop e può essere scaricato da questo sito Web; tuttavia, se hai la sola esigenza di rootare il telefono, puoi anche scaricare un archivio contenente esclusivamente i componenti ADB e Fastboot, da questa pagina (se impieghi Windows) oppure da quest’altra (se impieghi macOS oppure Linux).

Altro software di fondamentale importanza, se impieghi Windows, è quello contenente i driver del dispositivo da te in uso: questi ultimi sono indispensabili affinché ADB e Fastboot riconoscano in maniera corretta il device connesso al computer. Per semplicità, ti consiglio di scaricare e installare i driver universali forniti da ClockWorkMod, disponibili in questa pagina. Su macOS e Linux, invece, non è necessario effettuare questo passaggio, in quanto Android è nativamente compatibile con i sistemi operativi desktop appena menzionati.

Per poter procedere con l’acquisizione dei permessi di root, bisogna altresì installare una recovery personalizzata, che va poi caricata tramite il già menzionato Fastboot e consente poi di flashare (cioè di installare), su Android, il file .ZIP necessario per lo sblocco dell’accesso root. La recovery personalizzata va installata su Android mediante uno specifico file, progettato appositamente per l’esatto modello di device in proprio possesso: personalmente, ti consiglio di affidarti alla TWRP, una tra le recovery più complete e disponibili per i più disparati device a marchio Android (tablet inclusi).

Al fine di poter installare e utilizzare correttamente la recovery, è indispensabile sbloccare una particolare “zona” del sistema operativo Android, denominata boot loader. Sui dispositivi prodotti e/o gestiti direttamente da Google (come i Pixel, per esempio), si può sbloccare il boot loader attivando una particolare funzione disponibile tra le opzioni di sviluppo del device e, dopo aver riavviato quest’ultimo, impartendo un particolare comando in Fastboot.

In altri casi, invece, bisogna richiedere l’autorizzazione per lo sblocco direttamente al produttore del dispositivo e, dopo averla ottenuta, eseguire la procedura di sblocco mediante un programma dedicato (ad es. Mi Unlock, per i device Xiaomi).

Per finire, dovrai procurarti il pacchetto .ZIP contenente l’applicazione adatta a ottenere i permessi di root, la quale va flashata, come già detto, mediante l’apposita funzione della recovery personalizzata: tra le più apprezzate ed efficienti applicazioni della categoria mi sento di consigliarti Magisk, che puoi ottenere direttamente dal suo sito ufficiale.

Sequenza dei passaggi

Come rootare il telefono Android

Una volta messo insieme tutto il necessario, non ti resta che abilitare i permessi di root seguendo la procedura più adatta al device che possiedi; come già detto in precedenza, non mi è possibile fornirti indicazioni specifiche per il tuo caso, in quanto esse differiscono tra un modello di smartphone (o tablet) e un altro. Di seguito, però, posso indicarti una generica sequenza “standard” alla quale attenerti.

  • Realizza un backup dei dati presenti sul dispositivo, in quanto la procedura di root — e, in particolare, lo sblocco del boot loader — impone la formattazione completa della memoria.
  • Installa i driver universali scaricati in precedenza, collega il device al computer e attendi che esso venga riconosciuto.
  • Sblocca il boot loader di Android: nel caso dei dispositivi gestiti da Google (ad es. gli Android One oppure i Pixel), devi accedere alle opzioni di sviluppo del dispositivo, abilitare la levetta denominata Sblocco OEM (o simili) e, dopo aver riavviato il device in modalità Fastboot, utilizza ADB per impartire il comando fastboot oem unlock. Se, invece, il tuo smartphone/tablet appartiene a un produttore differente, prova a cercare su Google frasi come sblocco boot loader [modello esatto dispositivo], per ricevere indicazioni specifiche sul da farsi.
  • Scarica la recovery personalizzata dal suo sito Web e, dopo aver sbloccato il boot loader e aver riavviato il dispositivo Android in modalità Fastboot, installa la recovery tramite ADB, impartendo il comando fastboot flash [partizione] [nomeimmagine].img (ad es. fastboot flash boot_a recovery.img). Imposta poi la partizione scelta come attiva, tramite il comando fastboot set_active [lettera] (ad es. fastboot set_active a), se necessario.
  • Riavvia il dispositivo in recovery usando il comando specifico oppure premendo e tenendo premuti contemporaneamente i tasti Power e Volume + e serviti delle funzioni integrate della recovery, per copiare il file del root dal computer e flasharlo.

Mi raccomando: prima di eseguire qualsiasi procedura, assicurati di aver scaricato i file relativi alla recovery, allo sblocco boot loader (se necessario) e al file di root specifici per l’esatto modello del tuo dispositivo e, se previsto, per la versione di Android attualmente installata: un file errato potrebbe compromettere irrimediabilmente il funzionamento del device, rendendolo inutilizzabile. Ad ogni modo, se desideri avere un esempio concreto dei passaggi da compiere, consulta il mio tutorial su come effettuare il root su Android, nel quale ti ho indicato come procedere su un device appartenente alla linea Android One (nello specifico, sullo smartphone Xiaomi Mi A1).

Come “rootare” iPhone

Come rootare iPhone

Come dici? Il tuo non è un dispositivo Android, ma un iPhone? In questo caso, la procedura di sblocco prende il nome di jailbreak e, a differenza di quanto succede sui device animati dal robottino verde, si può applicare a tutti i “melafonini” aggiornati all’ultima versione di iOS disponibile (che, nel momento in cui scrivo, è iOS 16.5). Anche in questo caso, la procedura si svolge interamente dal computer: lascia che ti elenchi i passaggi fondamentali da eseguire.

  • Se impieghi Windows o un’edizione di macOS antecedente alla 10.15 Catalina, scarica e installa il software iTunes, laddove non lo avessi già, seguendo le indicazioni che ti ho fornito in questa guida.
  • Effettua la prima connessione il computer e l’iPhone e autorizza quest’ultimo dispositivo, laddove non avessi già provveduto a farlo in precedenza.
  • Scarica il software AltServer, avvialo e installa il suo file eseguibile (su Windows), oppure il relativo plugin per l’applicazione Mail (su macOS), seguendo le indicazioni che vedi sullo schermo. Autorizza poi l’installazione dello store alternativo AltStore su iPhone, recandoti nel menu Impostazioni > Generali > VPN e gestione dispositivo > [nome ID Apple] > Autorizza [nome ID Apple].
  • Apri l’app Safari su iPhone, collegati al sito Web di unc0ver, premi sul pulsante Download v. XX e segui le istruzioni che compaiono sullo schermo, per installare l’app mediante il profilo creato in precedenza.
  • Apri l’applicazione unc0ver e sfiora i pulsanti Jailbreak e OK, così da avviare il processo e riavviare il device; all’accesso successivo, esegui nuovamente i due passaggi appena visti, per finalizzare la procedura di sblocco (bisognerà ripeterli ogni volta che l’iPhone viene completamente spento).

In ogni caso, ricorda che anche la procedura di jailbreak, seppur meno “drastica” del root su Android, potrebbe esporre il telefono a rischi di sicurezza e, in alcuni casi, impedire la riproduzione di contenuti in streaming protetti dal diritto d’autore; il jailbreak, inoltre, annulla la garanzia di iPhone, a meno che non si ripristini il telefono usando la modalità DFU prima di portarlo in assistenza (cosa che, laddove il malfunzionamento fosse di grave entità, potrebbe risultare impossibile). Per approfondimenti, consulta la guida in cui ti ho spiegato, nel dettaglio, come eseguire il jailbreak di iPhone.

Salvatore Aranzulla

Autore

Salvatore Aranzulla

Salvatore Aranzulla è il blogger e divulgatore informatico più letto in Italia. Noto per aver scoperto delle vulnerabilità nei siti di Google e Microsoft. Collabora con riviste di informatica e cura la rubrica tecnologica del quotidiano Il Messaggero. È il fondatore di Aranzulla.it, uno dei trenta siti più visitati d'Italia, nel quale risponde con semplicità a migliaia di dubbi di tipo informatico. Ha pubblicato per Mondadori e Mondadori Informatica.